Approvato il DPFP 2026. nessuna misura concreta in materia pensionistica
Solo ipotesi di “blocchi selettivi” per l’uscita dal mondo del lavoro
Sono rimaste in parte deluse le attese di quanti si aspettavano, alla luce della risoluzione approvata all’unanimità lo scorso 27 settembre dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato — che impegnava il Governo in tal senso — un documento programmatico di bilancio capace di riportare finalmente “l’articolazione delle misure e i relativi effetti finanziari”.
Il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP), approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 ottobre, invece, non fornisce alcuna indicazione concreta in merito, e in particolare nulla dice sulle misure previste in materia pensionistica.
Dalla lettura del DPFP, emerge che la prossima manovra sarà alquanto leggera, cubando circa 16 miliardi di euro, e per questo non potrà ovviamente dare grande spinta all’economia, vista la previsione di crescita del PIL di solo lo 0,1% (dallo 0,5 dell’anno in corso allo 0,6 % nel 2026); indicate poi, solo in via generale e senza dettagli, alcune linee di politica economica per il 2026: taglio dell’IRPEF per il ceto medio (aliquota dal 35 al 33 % per la fascia di reddito 28-50mila); rifinanziamento del fondo sanità; stabilizzazione dell’IRES premiale per stimolare gli investimenti; incremento delle misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro; conferma degli impegni già assunti in legge di bilancio 2025 sulle risorse destinate ai rinnovi CCNL pubblici.
La cosa ormai certa, invece, è che la prossima legge di bilancio recherà un sensibile aumento nel triennio p.v. delle spese per la Difesa (0,15 % di PIL nel 2026 e 2027, 3 mld all’anno, e 0,20 % nel 2028, 4 mld), operazione questa in linea con gli impegni europei, ma pesantissima, e sulla quale è utile operare una riflessione più attenta ed esaminarne per bene i termini.
Buio totale invece, nel DPFP, in ordine alle scelte in materia di previdenza. L’unico accenno presente nel documento in questione riguarda il fatto che, tra i previsti e diversi disegni di legge collegati alla manovra, ne figurerà uno dedicato a “interventi in materia di disciplina pensionistica “, non meglio precisati. Tutto qui!
In particolare, e la cosa preoccupa parecchio, nulla viene detto in merito al blocco degli incrementi dei requisiti richiesti per accedere alla pensione.
Come noto, dal 1.1.2027, a seguito della rilevazione ISTAT sulla più alta aspettativa di vita, l’età pensionabile e i requisiti contributivi della pensione anticipata dovrebbero crescere di 3 mesi. Pertanto, i requisiti per la “pensione di vecchiaia” si raggiungerebbero al compimento di 67 anni e 3 mesi e, per quanto attiene la “pensione anticipata ordinaria”, occorrerebbero 43 anni e 1 mese di contributi (sempre 1 anno in meno per le donne).
Lo stop ai 3 mesi in più dal 2027 sembrava una scelta già acquisita all’interno della prossima manovra di bilancio, anche sulla scorta dei ripetuti impegni di esponenti di governo, ma in questi ultimi giorni la questione si è alquanto ingarbugliata, e ciò a causa dei costi alti dell’operazione (tre mld. di euro all’anno, il dato pare oramai acquisito).
Per questo sono state formulate di recente ipotesi di “blocchi selettivi”: più precisamente, per le pensioni di vecchiaia, interverrebbe il blocco totale, con la conferma delle uscite a 67 anni, mentre per le pensioni anticipate ordinarie (oggi si esce con 42 anni e 10 mesi di contributi, uno in meno per le donne) il blocco agirebbe solo per chi nel 2027 raggiungesse i 64 anni d’età, diversamente interverrebbe l’aumento dei 3 mesi.
Senza alcun intervento, si andrebbe verso un ulteriore inasprimento dei requisiti di uscita dal lavoro e si allungherebbero ulteriormente i tempi di collocamento in pensione, nel segno di quanto già avvenuto negli ultimi anni, e ancora una volta in decisa controtendenza rispetto alle promesse fatte: altro che riforma della Fornero e aumento della flessibilità in uscita!
A tal riguardo, è comunque doveroso segnalare che il Sottosegretario di Stato, On. C. Durigon, in una recente dichiarazione apparsa su “La Repubblica”, ha confermato il blocco totale dell’aumento dei 3 mesi (“L’abbiamo promesso e lo faremo”). Ce lo auguriamo davvero, in caso contrario la nostra O.S. dirà un “no” convinto e contrasterà fortemente la scelta. Ci sono poi le altre opzioni in materia di pensioni 2026: l’auspicato alleggerimento dei requisiti di uscita dal lavoro; il destino di “quota 103”; l’uscita dal lavoro con 64 anni d’età e 25 di contributi, ma senza intaccare il TFS/TFR; la rimodulazione di “opzione donna”; l’applicazione della sentenza n. 130/2023 della Corte Cost. sul TFS. Vedremo.
Di consueto, dopo il varo del DPFP, parte il confronto sulla manovra finanziaria, e venerdì 10 p.v. la nostra CSE è stata convocata a Palazzo Chigi per discutere sui contenuti del DDL Bilancio 2026. A tal riguardo, confidiamo che nell’occasione il Governo entri più nel dettaglio delle scelte che intende operare, in primis sulle pensioni 2026.
Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati