Si celebra oggi 1° maggio in tutto il mondo la Festa del lavoro e dei lavoratori.

Una festa antica, in ricordo dello sciopero generale fatto il 1° maggio del 1886 dai lavoratori di Chicago per protestare contro orari di lavoro allora molto lunghi e pesanti, che produsse una durissima reazione della Polizia che, tre giorni dopo, di fronte ad una nuova manifestazione dei lavoratori, li caricò pesantemente per disperderli provocando la morte di alcuni manifestanti. Quella protesta divenne il simbolo della lotta internazionale per l’affermazione dei diritti dei lavoratori.

La festa del Primo Maggio assume però quest’anno un significato tutto particolare, che si lega al drammatico momento che in tanta parte del mondo, e in Italia in particolare, si sta vivendo di fronte ad un nemico virulento ed ostile, ancorché molto subdolo, che ha prodotto già più di tre milioni di contagi e 230 mila morti (in Italia ieri 30 aprile risultavano 205.463  positivi e 27.967 decessi) e costretto i cittadini a modificare radicalmente le proprie abitudini e a rinunciare ad alcune libertà. Contro questo nemico, si sta combattendo oggi una battaglia decisiva che sta ridisegnando la nostra vita di relazione e la stessa organizzazione sociale, e dalla quale dovremo necessariamente uscire vincitori.

In questa battaglia, la più dura che l’Italia ha visto dal dopoguerra ad oggi contro una crescente crisi economica e sociale dovuta alla brusca frenata dell’economia (-4,7% di PIL nel primo trimestre 2020 rispetto al precedente; rapporto deficit/PIL verso il 5%; quello debito/PIL verso il 149%; etc.) il mondo del lavoro, da una parte sta subendo conseguenze pesanti e pagando un prezzo notevole, ma dall’altra sta anche fornendo un contributo decisivo per tenere in vita il Paese, nel privato (pensiamo a quanti hanno continuato a lavorare nelle filiere agroalimentari o in quelle dell’energia) come nel pubblico.

In particolare nel pubblico. C’è una foto che, in questi mesi di coronavirus, ha fatto il giro del mondo, quella della dipendente dell’Ospedale di Cremona che, a fine turno, è crollata stremata su una tastiera: Elena Pagliarini, di professione infermiera, pubblica dipendente, che a causa del proprio lavoro ha poi contratto il virus, combattendolo in prima persona e alla fine sconfiggendolo e uscendone vincitrice.

E’ il simbolo di una categoria, quella dei lavoratori pubblici, in passato troppo spesso vilipesa e additata al pubblico ludibrio (“fannulloni”), ma che in questa drammatica emergenza ha mostrato di che pasta è fatta e quale ruolo assume nella vita del Paese. Il pensiero va in primo luogo agli eroici operatori della Sanità e ai tanti morti, che onoriamo insieme a tutte le altre vittime del virus, ma anche alle migliaia e migliaia di lavoratori, che in condizioni precarie e disagiate, hanno continuato a lavorare, presso i propri Uffici o in smart-working, permettendo alle Amministrazioni di continuare ad erogare i servizi pubblici, il che ha consentito al Paese di reggere (pensiamo ai lavoratori dell’INPS, o dell’Agenzia delle Entrate, o della Scuola, o della Difesa o degli Interni e di tante altre PP.AA.). Altro che fannulloni e perditempo!

Una prova straordinaria di professionalità e di attaccamento al dovere e al Paese, che riteniamo giusto sottolineare in occasione della Festa del lavoro, unita anche in questa circostanza al richiamo, che FLP ribadisce ad ogni occasione, che il Paese deve investire nel lavoro pubblico, che rappresenta una grande risorsa, valorizzandone al meglio le professionalità all’interno di un processo di riforma vera e di riorganizzazione della P.A., che sta al centro del “sistema paese” e senza la quale un Paese non funziona.

VIVA IL 1° MAGGIO E VIVA LE LAVORATRICI E I LAVORATORI PUBBLICI

LA SEGRETERIA GENERALE FLP

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