DDL Bilancio 2026: Le pensioni tra promesse disattese e criticità irrisolte
Aumento dell’età pensionabile per quasi tutti i lavoratori. Nessuna soluzione strutturale sul TFS: solo un anticipo di tre mesi dal 2027
Sta approdando al Senato, per l’esame in prima lettura, il Disegno di Legge (DDL) sulla manovra relativa al bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2026 e a quello per il triennio dal 2026 al 2028. E come succede ormai da qualche anno, le misure in materia di pensioni appaiono tra le più rilevanti. Proviamo a leggerne i contenuti e a immaginarne gli effetti.
Come più volte ricordato nei ns. notiziari nel corso di questi mesi, c’era una questione che doveva essere definita entro fine anno: il previsto aumento, dopo il blocco degli anni 2019-2026, di 3 mesi per andare in pensione di anzianità o anticipata ordinaria, le due modalità previste dalla Legge Fornero.
A tal riguardo, autorevoli esponenti del Governo avevano affermato, sino a qualche giorno fa, l’intenzione di bloccare ogni aumento. Purtroppo, però, le scelte operate vanno in tutt’altra direzione, e dal 2027 l’età pensionabile tornerà ad aumentare, come previsto dalla L. 388/2000 che disciplina l’adeguamento automatico dei requisiti anagrafici in base agli aggiornamenti ISTAT sulla speranza di vita. Il DDL prevede, infatti, l’aumento di un mese a partire dal 1.1.2027 (serviranno pertanto 67 e 1 mese per la pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi e 42 anni e 11 mesi di contributi – un anno in meno per le donne – per la pensione anticipata ordinaria), e ulteriori due mesi a partire dal 1.1.2028 (serviranno per uscire 67 e 3 mesi per la pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi e 43 anni e 1 mese di contributi – un anno in meno per le donne – per la pensione anticipata ordinaria), mentre dovrebbe restare invariata la finestra mobile di tre mesi.
La misura interesserà in egual modo anche le pensioni anticipate contributive di chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, e anche quelle del personale del comparto Sicurezza e Difesa (militari Forze Armate, Polizia di stato; etc. etc.).
L’aumento dell’età pensionabile non interverrà solo per una piccola platea di lavoratori, il 2% circa, 10 mila lavoratori su quasi mezzo milione che va mediamente in pensione in un anno: quelli che svolgono attività gravose (di cui all’allegato B Legge 205/2017: insegnanti di scuola dell’infanzia ed educatori asili-nido; operai edili; gruisti; conducenti mezzi pesanti; personale viaggiante; infermieri e ostetrici con turni; addetti alle pulizie, raccolta rifiuti, etc.) e quelli che svolgono attività usuranti (di cui all’elenco allegato al D. Interm. 5.02.2018: lavoratori turnisti notturni di continuità; lavori in galleria, cava o miniera; palombari; esposizione ad alte temperature; etc.).
Al netto di questa platea, davvero minima, dunque, l’età pensionabile crescerà, e con tanti saluti alle promesse fatte e agli impegni assunti.
Il DDL bilancio 2026 adottato dal Governo prevede altre misure in materia previdenziale, che proviamo così a sintetizzare:
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mancata proroga per “quota 103” (pensione con 62 anni d’età e 41 di contributi) e “opzione donna” (pensione con 61 anni di età e 35 anni di contributi per le tre categorie Ape social), una scelta questa che negherà nel 2026 l’accesso alle due opzioni (utilizzabili dunque solo con i requisiti oggi previsti) e che arriva dopo le tante restrizioni del passato;
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prorogata invece “APE social”, e dunque potranno continuare ad accedervi coloro che matureranno nel 2026 i requisiti previsti: 63 anni e 5 mesi d’età con 30 anni di contributi per i lavoratori disoccupati involontari, caregiver, e con handicap di almeno il 74%; sempre 63 anni e 5 mesi d’età ma con 36 anni di contributi, invece, per addetti a mansioni gravose o pesanti, che debbono essere state effettuate per 6 anni negli ultimi 7, o per 7 anni negli ultimi 10. Per le lavoratrici madri con figli i requisiti contributivi richiesti per tutte le tipologie, sono ridotti di 12 mesi per ogni figlio nel limite max di 2 anni.
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le pensioni minime saliranno dai 616,67 € a 620,41, meno di 4 euro al mese, mentre per gli assegni sociali, destinati a cittadini disagiati con minimo 67 anni, l’aumento è pari a 20 € mese e con maggiorazione del reddito max di 260 €.
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confermate le regole attualmente in vigore per la perequazione 2026, che, in attesa del decreto interm., viene stimata all’1,7% (ne abbiamo parlato nel nostro precedente Notiziario n. 18 del 18.09.2025, al quale rinviamo);
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in materia di TFS, CSE chiede da tempo l’attuazione della sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale per cancellare la “vergogna” del differimento (fino a 7 anni!) e della rateizzazione (fino a 3 rate) della liquidazione dei lavoratori pubblici, ma nel DDL c’è solo la previsione che, per i pensionati di vecchiaia, INPS anticiperà, dal 1 1.2027, di tre mesi l’erogazione della prima rata (dunque, dopo 9 mesi e non 12 come oggi), null’altro. Davvero poco, dal momento che non risolve in nessun modo il problema, ma probabilmente cerca solo di evitare una terza sentenza della Corte Costituzionale.
Una scelta a nostro avviso di dubbia efficacia rispetto alle sollecitazioni venute dalla stessa Corte con la sentenza n. 130/2023 e dai ricorsi giudiziari che, insieme ad altre 5 confederazioni, abbiamo avviato, e potrebbero portare a un nuovo pronunciamento.
Queste le più importanti misure in materia previdenziale previste dal DDL, che assegna complessivamente alle pensioni 3,6 mld nel triennio, di cui 0,5 mld nel 2026, 1,9 mld nel 2027 e 1,2 mld nel 2028.
Stando così le cose, non possiamo che dichiararci insoddisfatti delle scelte operate in materia di pensioni dal Governo che pare proprio aver riposto nel dimenticatoio le diverse promesse fatte.
Il nostro auspicio è che il Parlamento modifichi in profondità i contenuti di questo DDL in materia previdenziale, e naturalmente lavoreremo per questo obiettivo e per far avanzare le nostre proposte.
