Il DDL Bilancio all’esame dell’aula del Senato, poi la fiducia alla Camera.

Le novità in materia pensionistica contenute nel maxiemendamento del Governo

È pervenuto ieri mattina in Senato il “maxiemendamento” messo a punto dal Governo, che riscrive parzialmente il disegno di legge di bilancio.

Dopo l’approdo di fine ottobre al Senato del DDL, e le migliaia di emendamenti – moltissimi dei quali dichiarati inammissibili – presentati da maggioranza e opposizione, si attendeva il parere del Governo.

Tra questi, anche gli emendamenti riguardanti le pensioni: dal blocco dell’aumento dell’età pensionabile al TFR da utilizzare per i pensionamenti anticipati; dal recupero di “quota 103” alla proroga di “opzione donna”, e altri ancora.

La presentazione del maxiemendamento del Governo ha però aggravato notevolmente la manovra.

Per quanto riguarda l’età pensionabile, restano le novità introdotte nel DDL: rispetto ai requisiti oggi richiesti, è previsto un aumento di 1 mese a partire dal 2027 e di 2 mesi dal 2028, sia per la pensione di vecchiaia sia per quella anticipata ordinaria. Il Governo giustifica la scelta con costi ritenuti troppo alti: una decisione sulla quale, come CSE FLP Pensionati, abbiamo fortemente dissentito. Appare quindi probabile un rinvio della questione alla manovra di bilancio 2027, come peraltro dichiarato di recente dallo stesso Sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon.

Nessuna novità nel maxiemendamento, inoltre, sul recupero per il 2026 di “quota 103” (uscita con almeno 62 anni d’età e 41 di contributi) e sulla proroga di “opzione donna” (61 anni d’età – ridotta a 60 con un figlio e 59 con due – e 35 anni di contributi, ma limitata alle categorie previste e con calcolo interamente contributivo): una scelta che non abbiamo né compreso né condiviso.

Il maxiemendamento prodotto dal Governo reca, invece, nuove misure in materia previdenziale, purtroppo ancora una volta di segno penalizzante.

Le novità sono essenzialmente tre:

  1. allungamento delle finestre mobili a partire dal 2032;

  2. penalizzazione, ai fini della maturazione dei requisiti, per chi sceglie il riscatto della laurea;

  3. introduzione del silenzio-assenso sul TFR per i neoassunti del settore privato.

Misure diverse, ma accomunate dallo stesso obiettivo: ridurre la spesa pensionistica e ottenere risparmi.

La prima misura riguarda le pensioni anticipate ordinarie (uscita con il solo requisito contributivo: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne). La cosiddetta “finestra mobile” – cioè il tempo che intercorre tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza dell’assegno – si allungherà dagli attuali 3 mesi a 4 mesi dal 2032, a 5 mesi nel 2033 e, infine, a 6 mesi dal 2034.

Per quanto attiene al riscatto della laurea, la norma annunciata nel maxiemendamento riduce, ai fini del diritto alla pensione anticipata ordinaria, la “spendibilità” dei periodi riscattati. In concreto, dal 2031 una quota dei mesi riscattati non verrà più conteggiata per raggiungere prima il requisito contributivo: –6 mesi nel 2031, –12 nel 2032, –18 nel 2033, –24 nel 2034, fino a –30 mesi nel 2035.

A regime, questo significa che su un riscatto di tre anni ne resterebbero utili solo sei mesi per anticipare l’uscita e per un percorso 3+2 la decurtazione sarebbe circa “la metà” del periodo riscattato.

È una misura che non condividiamo assolutamente: il riscatto della laurea non è un “bonus”, ma un istituto oneroso, spesso pagato a rate, scelto da lavoratrici e lavoratori che hanno iniziato più tardi a versare contributi proprio perché hanno investito in formazione. Depotenziarlo ex post (o comunque renderlo progressivamente inefficace) equivale a dire: puoi anche pagare, ma l’anticipo che ti aspettavi potrebbe non esserci più. È una misura che sposta ancora una volta in avanti l’uscita dal lavoro e scarica l’aggiustamento dei conti su chi ha carriere lunghe e qualificate.

Infine, c’è un tema di equità e affidamento: se l’intervento dovesse generare incertezze o effetti penalizzanti su scelte già compiute (riscatti già perfezionati o pianificazioni di vita già impostate), si aprirebbe un problema serio di tutela delle aspettative legittime. Il rischio non è solo quello di aprire un fronte di contenziosi sulla costituzionalità della norma ma di sfiducia verso lo stesso sistema previdenziale. Per queste ragioni, una correzione è necessaria: salvaguardare chi ha già riscattato, evitare qualsiasi effetto retroattivo e, se proprio si intende intervenire, farlo solo per il futuro con criteri chiari e non punitivi. In caso contrario, il messaggio che passa è devastante: studiare di più e pagare di tasca propria non conviene, e la pensione diventa, anno dopo anno, un traguardo sempre più lontano.

L’ultima novità riguarda TFR e previdenza complementare e interessa i lavoratori neoassunti del settore privato, con esclusione del lavoro domestico. A partire dal 1° luglio 2026 è prevista l’adesione automatica ai fondi di pensione integrativa di categoria, conferendo il proprio TFR, qualora il lavoratore non esprima – entro 60 giorni dalla data di assunzione – una diversa volontà (ad esempio, lasciare il TFR in azienda). Una misura che riteniamo inaccettabile, perché configura una sorta di silenzio-assenso “rafforzato” che non garantisce una scelta davvero libera, matura e consapevole.

Queste, dunque, le tre principali novità in materia pensionistica contenute nel maxiemendamento, che peraltro include anche altre misure: tra queste ricordiamo i 3,5 mld di euro destinati alle imprese, l’allocazione al 2033 di 780 mln di euro destinati al Ponte sullo Stretto, la rimodulazione della cedolare secca sugli affitti brevi (che torna al 21% per un solo immobile), fino alla riscrittura dell’articolo sulla “proprietà” delle riserve auree della Banca d’Italia.

Il maxiemendamento proposto dal Governo sarà certamente votato dal Senato, ma sono ancora possibili modifiche, anche alla luce della presa di posizione del Presidente del Consiglio e di vari parlamentari di maggioranza e opposizione che hanno annunciato sub emendamenti volti a sopprimere le pesanti penalizzazioni da noi evidenziate. Confidiamo che l’Aula intervenga, correggendo le nuove misure penalizzanti in materia pensionistica e lavoreremo in questa direzione.

Si voterà per tutta questa settimana e vedremo quali saranno, prevedibilmente a ridosso del Natale, le scelte definitive del Senato sulla manovra. Scelte che, con altrettanta prevedibilità, resteranno sostanzialmente immutate anche dopo il passaggio alla Camera, chiamata – come già accaduto nelle ultime tre manovre – a pronunciarsi principalmente sulla fiducia che il Governo certamente porrà.


Il
Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati

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