Il lavoro che cambia e le sfide del futuro
Incontro sui grandi temi del mondo del lavoro promosso da FLP e CSE
Dallo smart working al fenomeno delle grandi dimissioni: come sta cambiando oggi il mondo del lavoro dal punto di vista giuridico, socio-economico e sotto il profilo della sostenibilità?
Lanciato oggi il “Gruppo di monitoraggio e di studio su innovazione, organizzazione e trasformazione del lavoro”, promosso da FLP e CSE in collaborazione con l’Associazione FiordiRisorse, business community nata su LinkedIn nel 2008 per promuovere il networking di persone e imprese nel Centro Italia e poi a Milano. Il Gruppo di Monitoraggio, la cui nascita è stata annunciata nel corso dell’evento “Il lavoro che cambia e le sfide del futuro” alla sala stampa della Camera dei Deputati, ha l’obiettivo di raccogliere e analizzare i dati esistenti in Italia e nei principali Paesi europei e internazionali sul lavoro e le sue recenti trasformazioni. Lo scopo è quello di realizzare un’indagine conoscitiva che permetterà di orientare nel tempo le scelte da intraprendere per governare la transizione delle amministrazioni, delle imprese e del mercato. Il Gruppo di monitoraggio sarà composto da esperti del mondo del lavoro, manager pubblici e privati, docenti universitari e politici. Tutti i membri forniranno il loro contributo a supporto degli approfondimenti che saranno presentati nei prossimi mesi. “Il Gruppo di Monitoraggio e di studio su innovazione e trasformazione del lavoro ha l’obiettivo di ricercare, di studiare e fare nuove proposte che consentano al mondo del lavoro privato e pubblico di evolversi. È in atto un cambiamento importante nel mondo del lavoro, c’è la necessità di ripensare i modelli organizzativi riportando al centro le persone”, ha spiegato Marco Carlomagno, segretario generale di FLP. “Il Gruppo di Monitoraggio – continua il segretario – ha definito un piano di attività a partire da alcuni temi, tra cui il lavoro agile, che non è solo quello che abbiamo in parte sperimentato durante la pandemia e a cui l’86% dei lavoratori non vorrebbe più rinunciare, ma un paradigma culturale, organizzativo e tecnologico che rivoluziona l’ecosistema produttivo svincolando la prestazione lavorativa dai limiti di tempo e di luogo e ancorandola invece a obiettivi, risultati, responsabilità”.
Primo passo: la ricerca multidisciplinare sul lavoro
Al via ad aprile la prima ricerca multidisciplinare del Gruppo, che si concluderà a novembre 2023 e che analizzerà le tematiche più attuali nel mercato del lavoro: nuovi modelli organizzativi del lavoro (lavoro agile, lavoro ibrido, lavoro da remoto); tempi del lavoro (settimana di 4 giorni, orario settimanale ridotto, flessibilità); formazione e valorizzazione delle persone; innovazione digitale e sostenibilità ambientale; riorganizzazione produttiva aziendale; conciliazione vita-lavoro (grandi dimissioni, quiet quitting, engagement, qualità del lavoro); impatto dell’intelligenza artificiale, che indagherà sulle varie esperienze realizzate, analizzate approfonditamente da un punto di vista giuridico, socio-economico, tecnologico, urbanistico e di sostenibilità ambientale. Per arricchire lo studio, sono stati previsti ulteriori momenti di approfondimento in Convegni e Tavole rotonde nelle principali sedi universitarie e istituzionali.
“Nel nostro paese parliamo ancora di telelavoro” – afferma Walter Rizzetto, Presidente della XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, e prosegue – “Dobbiamo a volte ricordarci anche dei diritti dei datori di lavoro nel nostro paese. Fino a dieci anni fa un datore di lavoro al colloquio diceva ‘le faremo sapere’. Oggi è il contrario: è il lavoratore a dire ‘Vi farò sapere’. La politica deve essere quel sistema che non trova il posto di lavoro ma che ti mette nelle condizioni di avere un posto di lavoro che soddisfi le tue esigenze vita/lavoro”. In merito alle nuove tecnologie e all’impatto che esse hanno sull’occupazione, Rizzetto aggiunge: “Dobbiamo capire che una tecnologia avanzata applicata al lavoro non deve corrispondere necessariamente a disoccupazione, ma a formazione continua. Chi oggi riceve un sussidio dovrebbe essere obbligato a fare formazione. La formazione deve essere certificata. Quanto sarebbe bello applicare la blockchain alla formazione, o il libretto di lavoro digitale, che cercheremo di mettere in campo in questa legislatura. Le tutele dovrebbero crescere ma devono cambiare come concetto rispetto a trent’anni o quarant’anni fa. Quando parliamo del dibattito sul salario minimo e dignitoso, dobbiamo cercare di capire che nel nostro paese esiste una contrattazione collettiva molto alta. Dobbiamo renderla migliore, portando avanti una battaglia contro i contratti pirata”.
Secondo Giulio Prosperetti, Giudice della Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, “il problema è quello di trovare categorie generali per governare il cambiamento”. E ha proseguito il professore: “Si è passati dalla legge Fornero, che ha corretto la legge Biagi, al Job Act, tutta una serie di stop and go dal punto di vista del tipo di tutele da dare”. “C’è bisogno del giurista – aggiunge Prosperetti – per costruire un sistema valoriale spesso delegato agli economisti, che però non sono attrezzati per farlo. Gli economisti normalmente ragionano su paletti fissi – pensioni, retribuzione, previdenza – ma questi sono concetti da introdurre in un processo dialettico. La previdenza per esempio viene pagata sulle teste: una volta era ragionevole perché, secondo la dottrina marxiana, tutto il valore veniva dato dal lavoro e, quindi, più lavoro equivaleva a più reddito, oggi invece le aziende più labour intensive sono quelle che hanno la minore redditività”. E ha concluso il professore: “Lo dico in punta di piedi, forse bisogna pensare a un mix tra salario e retribuzione fiscalizzata”.
Smart working fa bene. D’accordo l’80% dei lavoratori della Presidenza del Consiglio
Secondo un’analisi sulla sperimentazione del lavoro agile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui Marco Carlomagno ha preso parte negli ultimi 5 anni, emerge infatti che nei primi mesi del 2022 i lavoratori agili della Presidenza del Consiglio dei Ministri erano il 66%, con l’83% degli accordi che prevede 2 giorni a settimana di lavoro agile. L’80% dei lavoratori riferisce un netto miglioramento della conciliazione vita-lavoro e della qualità di vita, mentre il 67% segnala un miglioramento rispetto a flessibilità, organizzazione e innovazione.
Roberto Reale, manager dell’innovazione e curatore del volume Dimensioni dello Smart Working: sfide ed esperienze per una transizione sostenibile (FrancoAngeli), a cui ha partecipato anche Carlomagno, dice: “Nel libro ci interessava fare un’analisi che si sviluppasse lungo diverse dimensioni, dalla digitalizzazione alle tutele, al genere, dai cambiamenti degli spazi urbani fino a privacy e sicurezza”. E prosegue Reale: “Indietro non si torna: nonostante in Italia si continui a parlare di smart working come misura temporanea che investe solo determinate categorie, la nostra tesi è che sia un fenomeno strutturale e irreversibile nel suo insieme”. “Per calarsi nei singoli contesti e singole organizzazioni c’è bisogno di un cambio di cultura – dice Reale – della capacità innanzitutto della classe dirigente di prendere atto che è una sfida, ma che presenta opportunità da cogliere. Nella passata legislatura abbiamo visto una serie di intemerate rispetto allo smart working, soprattutto nel pubblico impiego, ma queste posizioni di chiusura non hanno giovato al paese”. “Nel libro abbiamo dimostrato che non ci sono categorie non investite dal fenomeno. Oggi la tecnologia rende eseguibile qualsiasi lavoro in modalità smart, che vuol dire organizzare nel proprio contesto le mansioni per obiettivi e fuori da vincoli di luogo e tempo: il fenomeno dello smart working è solo un aspetto di un fenomeno più generale che è il rapporto tra tecnica e lavoro”.
Antonio Leonardo Fraioli, professore in Diritto del lavoro e sicurezza sociale presso l’Università di Roma Tor Vergata, e autore di La dipendenza economica tra autonomia e subordinazione: quali tutele? (Giappichelli), sull’insufficienza delle attuali categorie giuridiche del diritto del lavoro rispetto alle tutele: “Serve un nuovo criterio giuridico cui ancorare la protezione, quello della dipendenza economica. Ed invero, come noto, il lavoro subordinato trova ancora oggi il proprio centrale riferimento nel codice civile del 1942 (art. 2094 c.c.) che tuttavia non è più in grado di cogliere gli attuali assetti organizzativi/produttivi del capitalismo digitale, che ha fatto irruzione nelle relazioni di lavoro di tutte le democrazie occidentali. Ciò che si traduce in un’oggettiva mancanza di tutela di migliaia di lavoratori, in primis le c.d. partite Iva e le collaborazioni continuative. Il lavoro che impegnerà il Gruppo di Monitoraggio, nel merito, è quello di entrare nel dibattito in corso sulla flessibilità organizzativa. Quindi il compito dei giuristi sarà progettuale in una logica organizzativa”.