In G.U. il DM sull’incentivo al posticipo del pensionamento

Aggiornate da INPS le procedure per le domande relative a quota 103

non ancora pubblicata la sentenza della corte costituzionale sul TFS

Come si ricorderà, la legge di bilancio 2023 ha introdotto la possibilità di pensionamento anticipato con la c.d. “quota 103”, prevedendo, al contempo, per chi ne avesse maturato i requisiti minimi, di poter rimanere al lavoro rinunciando all’accredito all’Istituto previdenziale della quota dei contributi a proprio carico con successiva destinazione in busta paga.

Ebbene, le modalità di attuazione della norma relativa al posticipo del pensionamento (art.1, comma 286) sono state definite attraverso il D.M. 21.03.2023 a firma del Ministro del Lavoro e del MEF, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 12 maggio u.s. (che alleghiamo), il quale stabilisce che i lavoratori dipendenti che abbiano maturato i requisiti minimi previsti per l’accesso al trattamento di pensione anticipata flessibile, c.d. quota 103, possano rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico” ricevendo in cambio l’intero importo contributivo in busta paga, e precisa altresì che “le somme corrisposte a tale titolo al lavoratore sono imponibili ai fini fiscali, ma non ai fini contributivi”.

INPS chiarisce inoltre che l’opzione può essere esercitata da tutti i dipendenti “con rapporti di lavoro, in essere o successivipuò essere esercitata una sola volta” ed è “comunque revocabile”.

Il DM in questione fissa anche la “procedura”: “il lavoratore che intende avvalersi dell’incentivo al posticipo del pensionamento ne deve dare comunicazione all’INPS”, che a sua volta “provvede, quindi, a certificare al lavoratore, dandone comunicazione al datore di lavoro, il raggiungimento dei requisiti minimi pensionistici per l’accesso al trattamento di pensione anticipata flessibile entro trenta giorni dalla richiesta o dall’acquisizione della documentazione integrativa necessaria” .

Restando in tema di “quota 103”, informiamo che, con il comunicato stampa dell’11 maggio u.s., INPS ha reso noto di aver “aggiornato le procedure per la definizione delle domande di pensione anticipata flessibile, c.d. “quota 103”, precisando che i requisiti richiesti (62 anni di età e 41 anni di contributi) devono essere “perfezionati entro e non oltre il 31.12.2023”.

Nello stesso comunicato, INPS ha altresì ricordato che il diritto alla pensione anticipata flessibile, conseguito nel 2023, consente l’accesso alla pensione in qualsiasi momento successiva all’apertura della c.d. finestra”:

  • dopo un periodo di 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi dalle Pubbliche Amministrazioni e per i lavoratori autonomi, non potendo in ogni caso la decorrenza della pensione essere comunque anteriore al 1° aprile 2023;
  • dopo 6 mesi dalla maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti delle PP.AA., non potendo in ogni caso la decorrenza della pensione essere comunque anteriore al 1° agosto 2023 (per il personale AFAM e della Scuola, rispettivamente al 1° novembre e 1° settembre dell’anno di raggiungimento dei requisiti, che si considerano raggiunti anche se perfezionati dopo le date indicate ma comunque entro l’anno solare).

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL TFS

Infine, forniamo con il presente Notiziario, per come ci è stato richiesto da più parti, un aggiornamento in merito al tanto atteso pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legittimità della corresponsione differita, di cui abbiamo riferito in precedenti Notiziari, ultimo il n. 9 del 2 maggio u.s.

Come si ricorderà, per il 9 maggio u.s., era previsto che la Corte Costituzionale esaminasse l’ordinanza del TAR Lazio n. 6223 del 17 maggio 2022, con la quale quel Tribunale si era pronunciato sul ricorso di un Dirigente della P.S. in pensione, che aveva chiesto il riconoscimento del diritto a percepire il TFS senza dilazioni e senza rateizzazioni, e la condanna del Ministero degli Interni al risarcimento del danno da ritardato pagamento. Con quella ordinanza, il TAR Lazio aveva rimesso alla Corte la questione di legittimità del differimento relativo al pagamento del TFS ritenendo che “la previsione di un pagamento rateale comprima in maniera irragionevole e sproporzionata i diritti dei lavoratori pubblici, in violazione dell’art. 36 Cost., non essendo sorretta dal carattere contingente, ma al contrario avendo carattere strutturale”.

In quella data la Corte, presieduta nella circostanza dalla Presidente Silvana Sciarra, ha dichiarato inammissibili alcuni interventi ad adiuvandum proposti, ma al momento in cui scriviamo, non ci risulta essersi ancora pronunciata sulla questione di legittimità sollevata dal TAR Lazio con l’ordinanza sopra ricordata.

Ipotizziamo che la Corte – presumibilmente – potrebbe aver ritenuto necessario prendere ulteriore tempo, anche atteso il forte impatto economico (oltre 10 mld di € solo a fronte dei pensionamenti del prossimo anno) che sortirebbe un pronunciamento favorevole e in linea con precedenti sentenze della stessa C.C. ( la n. 159/2019 sulla equiparazione tra TFS e TFR, per esempio).

Ovviamente, restiamo in fiduciosa attesa del pronunciamento, che confidiamo possa chiudere una volta per tutte questa spinosissima vicenda che dura oramai da tanti, troppi anni, e che continua ad esporre i lavoratori pubblici a una palese, ingiusta e incomprensibile disparità di trattamento nei confronti di quelli del settore privato in materia di corresponsione di TFS/TFR, che peraltro fa il paio con altre disparità esistenti nello stesso ambito, come la possibilità per i lavoratori privati di richiedere fino al 70% del TFR maturato in corso di vita lavorativa per spese sanitarie, acquisto prima casa e spese in congedo, possibilità questa negata allo stato ai lavoratori pubblici.

Daremo naturalmente conto della sentenza della Corte Costituzionale  sull’ordinanza del TAR Lazio, non appena la stessa vedrà la luce e sarà pubblicata.

 

 Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati

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