Incontro con il Ministro della Salute per le misure di contrasto
sul fenomeno della violenza a danno del personale sanitario
Si alle misure repressive, ma va affrontata di petto la crisi del sistema sanitario pubblico
Dopo l’incontro del 12 u.s. con le Federazioni degli Ordini, il Ministro della Salute Orazio Schillaci ha incontrato nella mattinata di ieri le OO.SS. di categoria della Sanità le e Confederazioni Sindacali, e tra queste la CSE; riunione che ha avuto per oggetto il tema delle aggressioni e degli atti di violenza a danno del personale sanitario e le azioni di contrasto da porre necessariamente e urgentemente in essere.
Come è noto, le cronache di queste ultime settimane sono state piene di episodi di intimidazione e di violenza dirette contro il personale sanitario: ricordiamo, tra i più gravi, quelli registrati a Foggia, Pescara, Vibo Valentia, Napoli e Cagliari. Un fenomeno che sta continuamente crescendo, assumendo giorno dopo giorno tratti e contorni sempre più preoccupanti e pericolosi.
Da qui, la convocazione delle Parti sociali da parte del Ministro, che ha aperto il confronto indicando le misure di contrasto che, sentiti anche i Ministri della Giustizia, dell’Interno e il SSS on. Mantovano, sono allo studio: in primo luogo, l’arresto in flagranza anche differito per chi si rende responsabile di episodi di quella natura, da introdurre attraverso un decreto urgente; in secondo luogo, il potenziamento della presenza delle Forze dell’Ordine dentro le strutture sanitarie pubbliche e un maggior filtro nel controllo degli accessi; infine, l’attivazione di presidi di videosorveglianza e guardiania dei luoghi sensibili. Il Ministro ha anche ipotizzato il varo di uno decreto ad hoc con l’insieme delle misure di contrasto.
Ha quindi espresso il proprio intendimento di coinvolgere le Rappresentanze sindacali, dalle quali ha sollecitato contributi di idee e di pensiero; successivamente, a causa di un intervenuto impegno, ha abbandonato la riunione, delegando a presiederla il proprio Capo di Gabinetto.
Nel suo intervento, la CSE ha espresso profonda preoccupazione per quanto sta avvenendo e per il clima di paura che si sta generando all’interno delle strutture sanitarie (quasi tutte pubbliche, per il 96%) e con vittime soprattutto, per il 64%, tra il personale sanitario femminile, e si è dichiarata assolutamente d’accordo con la necessità di varare misure di contrasto e di prevenzione, ritenendo che quelle indicate dal Ministro muovano certamente verso quella direzione.
Ne servirebbero però, a nostro avviso, anche altre: la qualificazione del personale sanitario come pubblico ufficiale; l’obbligo della segnalazione alle Procure degli episodi di violenza da parte delle ASL, e la loro costituzione di Parte civile; ancora, l’inserimento nei DVR del “rischio aggressioni”.
Ma, a giudizio della CSE, deve essere evitato in ogni modo il pericolo di affrontare il fenomeno solo sotto l’aspetto repressivo e di ordine pubblico, pur corretto e inevitabile. Noi pensiamo che quel fenomeno debba essere letto, anche ponendo la giusta attenzione al contesto nel quale è maturato e sta crescendo.
E il contesto è quello di un sistema sanitario pubblico, che ha indubbiamente anche punti di eccellenza in alcune Regioni, ma che fa acqua da più parti: un Fondo Sanitario Nazionale in decrescita costante in rapporto alla spesa pubblica complessiva, e agli ultimi posti nel panorama europeo; vuoti di organico spaventosi del personale medico e (soprattutto) infermieristico; ritmi di lavoro massacranti a carico del personale in servizio, peraltro notoriamente e cronicamente sotto remunerato; fuga di operatori verso il privato e verso l’estero (dall’inizio dell’anno, già 3.000 medici sono andati via); deficit paurosi nell’offerta di servizi sanitari; liste di attesa assurde; posti letto in costante decrescita; medicina territoriale praticamente cancellata, e la lista potrebbe continuare a lungo. Ed è proprio questo contesto che crea e alimenta il clima sociale nel quale può maturare la reazione violenta, sempre condannabile ed esecrabile certamente, ma che può fare da detonatore innescando soggetti che vivono una condizione di forte disagio, di malattia magari grave o che assistono familiari ammalati, di fronte a rifiuti, risposte negative, ritardi e altro.
Allora, per un approccio al problema a tutto tondo e non limitato solamente agli aspetti repressivi, va affrontato di petto, a nostro giudizio, lo stato di profonda crisi che vive oggi il nostro sistema sanitario pubblico che appare a velocità fortemente differenziata: punte di eccellenza in alcune realtà, in particolare al Nord del Paese, ed enormi criticità in altre, in particolare al Centro Sud. Serve allora una riorganizzazione complessiva del modo di essere della sanità pubblica; serve un piano straordinario di assunzioni di personale sanitario; serve rendere attrattivo l’impiego pubblico, con remunerazioni dignitose ed adeguate e con prospettive concrete di crescita professionale e di carriera, restituendo dignità al personale sanitario pubblico e con esso al SSN, evitando di ingrassare la sanità privata destinata per sua natura non a tutti.
In una parola, abbiamo detto a conclusione del nostro intervento, servono scelte responsabili della Politica e servono forti investimenti (il Ministro Schillaci ha chiesto 4 mld di € da destinare al Fondo Sanitario Nazionale….), e la prossima legge di bilancio, che il Governo sta costruendo proprio in questi giorni, sarà certamente il banco di prova per misurare la sua reale volontà e quella del Parlamento, di andare in questa direzione operando le giuste scelte, che appaiono assolutamente prioritarie dal momento che riguardano il bene supremo dei cittadini: la propria salute. E un banco di prova sarà anche il nuovo CCNL, sia sotto l’aspetto normativo che sotto quello remunerativo, attualmente oggetto di trattativa in sede ARAN.
A conclusione dell’incontro, il Capo di Gabinetto ha preannunciato l’intendimento del Ministro per una successiva convocazione entro un mese, per fare un nuovo punto di situazione.