Le scelte per il 2022 sulle pensioni: non ci siamo!

Interventi solo tampone, slitta ancora la riforma della legge fornero

E’ finalmente approdato in Senato (Atto Senato n. 2448) il Disegno di Legge relativo alla manovra di bilancio per l’anno 2022, a distanza di oltre 20 giorni dall’adozione in Consiglio dei Ministri che è avvenuta in data 28 ottobre u.s., e con un testo che, rispetto a quello originario, appare modificato in più parti e anche corposamente implementato (34 articoli in più), e questo, peraltro, senza ulteriori passaggi in Consiglio dei Ministri. Circostanze queste mai accadute in passato, che testimoniano la fatica che ha fatto il Governo nel mettere a punto il provvedimento, che inizia ora il suo iter parlamentare al Senato e che, dati i ritardi accumulati, impediranno prevedibilmente l’esame dell’altro ramo del Parlamento, che sarà chiamato a votare la fiducia sul testo licenziato dal Senato senza poter operare alcuna modifica.

Come noto, all’interno del predetto DDL, il Capo II è interamente dedicato alle pensioni e alle relative scelte per l’anno 2022, ma anche qui con alcune modifiche rispetto al testo originariamente approvato dal Consiglio dei Ministri. Nel loro insieme, a nostro giudizio, le scelte operate non appaiono assolutamente soddisfacenti, in quanto non offrono soluzioni strutturali ai problemi che si trascinano da anni, e sono ispirati solo da una logica tampone, rinviando al futuro la necessaria riforma della L. Fornero.

Ma vediamo da vicino le scelte operate dal Governo in seno al DDL Bilancio approdato al Senato, che, come già riferito nel precedente Notiziario n. 1 del 3 u.s., muovono tutte dalla necessità di superare il famoso “scalone” che la cancellazione di “quota 100” innescherà dal 1 gennaio 2022 con il ritorno alla legge Fornero e alle sue due uniche opzioni d’uscita: pensione di vecchiaia a 67 anni, e dunque con un più cinque anni d‘età rispetto ai 62 anni previsti per “quota 100”, oppure pensione anticipata che richiede 41 anni e dieci mesi di contributi per le donne ed un anno d’età in più per gli uomini.

Trovano conferma, nella sostanza, gli interventi in materia pensionistica per il 2022 (quota 102; allargamento APE Sociale e conferma opzione donna), ma con alcune importanti novità:

  • QUOTA 102: consentirà il collocamento in pensione anticipata ai lavoratori che maturano entro il 31 dicembre 2022 64 anni d’età e 38 anni di contributi, con la sola penalizzazione dovuta ad un minore montante contributivo. Rispetto a quota 100, si alza di due anni il requisito anagrafico, lasciando intatto quello contributivo. Dunque, lo scalone di 5 anni viene cancellato ma non si azzera totalmente, tramutandosi solo in uno scalino di due anni, meno importante ma ancora sempre penalizzante.

Secondo alcune stime, però, e qui sta il punto critico, la platea degli interessati a detta opzione, si limiterebbe a circa 34mila nuovi beneficiari ma, se si esclude chi ha già il diritto maturato e cristallizzato a “quota 100”, la platea si ridurrebbe a circa 8.500 lavoratori. (secondo le stesse stime, con “quota 100” sarebbero stati circa 110.000 i potenziali beneficiari). Dunque, una platea estremamente ridotta quella di “quota 102”, che dimostra come, dopo tanto parlare, la montagna ha partorito un topolino, in quanto con la fine di quota 100, la riforma Fornero torna di fatto in vita. Come già per “quota 100”, comunque, una volta maturato, il diritto a Quota 102 si cristallizza, e può essere esercitato anche dopo.

  • APE SOCIAL: viene prorogata per l’intero 2022, con conferma dei requisiti per l’accesso: 63 anni di età e 30-36 anni di contributi a seconda della categoria interessata: 30 anni di contributi per disoccupati (che nel 2022 non dovranno però più aspettare tre mesi dal termine degli ammortizzatori sociali), caregiver, lavoratori con handicap pari ad almeno il 74%; 36 anni di contributi invece per addetti a mansioni gravose o pesanti di cui all’elenco recato dall’allegato C della legge finanziaria 2017 (L.232/2016), mansioni che in ogni caso debbono essere state effettuate per 6 anni negli ultimi 7, o per 7 anni negli ultimi 10.

Il DDL allarga però la platea degli addetti a mansioni gravose o pesanti ricomprendendo altre categorie rispetto all’elenco originario (i professori della scuola primaria, tecnici sanitari, i magazzinieri e gli addetti anche non qualificati al trasporto e alla logistica, etc.), come si evince dalla tabella 2 del DDL, qui allegata.

I beneficiari percepiranno un assegno ponte mensile di max 1.500 € e fino alla maturazione della pensione di vecchiaia e, secondo stime pubblicate in questi giorni, i beneficiari sarebbero circa 21.500.

  • OPZIONE DONNA: viene prorogata a tutto il 2022, con conferma degli attuali requisiti: 35 anni di contributi e 58 anni d’età, con però il ricalcolo per l’assegno pensionistico su base unicamente contributiva anche per i periodi antecedenti al 1996 (il testo originariamente approvato dal CdM prevedeva invece 60 anni d’età, e le stime parlavano di una platea di circa 2.000 lavoratrici). La platea di lavoratrici interessata prevedibilmente sarà più ampia, ma il ricalcolo solo contributivo resta pesantissimo. Resta inoltre, ai fini della decorrenza della pensione, la finestra mobile di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti fra la maturazione del diritto e la prima decorrenza utile per la pensione.

Queste, in sintesi, le novità per il 2022 in materia previdenziale che propone il DDL Bilancio ora all’esame del Senato. Ebbene, a questo proposito, confermiamo il giudizio complessivamente negativo in merito alle scelte operate del Governo nei termini già espressi nel precedente Notiziario.

In primo luogo, non si può non sottolineare che le scelte del Governo siano state operate in perfetta solitudine senza alcun coinvolgimento preventivo delle Parti sociali in una materia, quella delle pensioni, che è particolarmente sensibile e che tocca da vicino la vita e il futuro di milioni di persone.

E’ mancata da parte del Governo una visione di lungo termine rispetto al problema pensioni, che appare viceversa strategico, e ancora una volta si è procede con interventi tampone che rinviano a dopo il vero problema: una riforma in profondità della Legge Fornero. E il coinvolgimento postumo delle OO.SS. appare anch’esso strumentale, come anche la promessa di tavoli di confronto nel 2022 per la riforma della legge Fornero: perché allora non si sono fatti quest’anno?

Le premesse non appaiono confortanti: dall’esiguità delle risorse appostate dal DDL Bilancio per la spesa pensionistica (601 milioni nel 2022, 451 milioni nel 2023, 507 milioni nel 2024, poco più di 1,5 miliardi nel prossimo triennio), agli intendimenti espressi dal Presidente Draghi circa l’attuazione nel 2023 della legge Fornero, senza nuovi elementi di flessibilità in uscita, e il contributivo pieno per tutti. Se questi sono gli intendimenti – le cui conseguenze le pagheranno oggi i lavoratori vicini alla pensione e, domani, milioni di giovani e di donne – ci sembra che ci sia davvero poco spazio per un confronto serio.

CSE FLP Pensionati pensa che la strada maestra sia una: consentire e finanziare in primo luogo l’uscita volontaria con 41 anni di contributi o con 62 anni d’età, per tutti e senza penalizzazioni; la riduzione a 30 anni del requisito contributivo per l’APE Sociale dei lavori gravosi ampliandone la platea; opzione donna a regime con 58 anni d’età eliminando il calcolo solo contributivo, pensione di garanzia per i giovani. In campo c’è anche la proposta dell’INPS (uscita a 62 anni con un anticipo dell’assegno maturato con la quota contributiva, e successivamente l’assegno pieno al raggiungimento del requisito per la pensione di vecchiaia), su cui esprimiamo allo stato alcune perplessità.

In sede di audizione, già richiesta dalla nostra Confederazione, proporremo alla Commissione Bilancio del Senato, motivandole, queste nostre considerazioni. Che speriamo possano trovare ascolto.

 

Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati

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